Tango: Esta noche me emborracho

Genere: Tango
Anno: 1928
Musica: Enrique Santos Discepolo
Testo: Enrique Santos Discepolo

Versioni/Orchestre:

  • Azucena Maizani con accompagnamento di piano e chitarra (1928)
  • Carlos Gardel con chitarre di Barbieri e Ricardo (1928)
  • Orchestra Ricardo Tanturi canta Alberto Castillo (1942)
  • Orchestra Rodolfo Biagi canta Carlos Saavedra (1946)
  • Orchestra Juan D’Arienzo, canta Alberto Echague (1954)
  • Charlo, accompagnato dall’orchestra tipica di Salvador Ruiz De Luna (1960)

Note storiche: questo meraviglioso tango è il primo tango di successo (il secondo che scrisse) del grande letrista e compositore Enrique Santos Discepolo. Francisco Garcia Jimenez – poeta, scrittore, giornalista e letrista di tango –  nel libro “Asì nacieron los tangos” (collezione di articoli che egli scrisse sul quotidiano “El Dìa” dal 1963), racconta che in una notte fonda del 1927 Discepolo (che era un inguaribile nottambulo) incontra un suo amico nella calle Corrientes. Si abbracciano e vedono uscire da un cabaret ormai in chiusura una donna vestita da “bailarina contratada”¹.
azucena“E’ Laura?” dice Enrique, e il suo amico gli risponde: “Si, Enrique, quella che fu tutto per me. Ora siamo due estranei”. Andarono a bere qualcosa in un cafetin dove il suo amico gli racconta la sua triste storia… e subito nascono nella mente di Discepolo le prime rime di questo tango, insieme alla sua melodia.
Sempre F.G. Jimenez racconta che Discepolo una sera del 1928 (dovrebbe essere il 22 Marzo secondo J. Gobello) si avvicinò ad Azucena Maizani (nota cantante di Tango che fu anche compositrice e attrice) che stava entrando al teatro Maipo per cantare e le mostrò lo spartito del suo tango “Esta noche me emborracho”. Jimenez racconta che quella stessa notte, al termine della performance prevista, Azucena chiama Enrique sul palco perché intendeva interpretare il suo nuovo tango. Così Enrique si avvicinò, passò lo spartito al pianista dell’orchestra ed iniziarono a suonarlo. Azucena iniziò a cantare tra le ovazioni del pubblico… e così iniziò l’ascesa del grande Enrique Discepolo nel mondo del Tango.

¹con “bailarina contratada” si intende una donna che balla a pagamento nei locali notturni

ascolta su youtube:

Testo originale (letra) in spagnolo/lunfardo

Sola, fané, descangayada,
la vi esta madrugada
salir de un cabaret;
flaca, dos cuartas de cogote
y una percha en el escote
bajo la nuez;
chueca, vestida de pebeta,
teñida y coqueteando
su desnudez…
Parecía un gallo desplumao,
mostrando al compadrear
el cuero picoteao…
Yo que sé cuando no aguanto más
al verla, así, rajé,
pa’ no yorar.

¡Y pensar que hace diez años,
fue mi locura!
¡Que llegué hasta la traición
por su hermosura!…
Que esto que hoy es un cascajo
fue la dulce metedura
donde yo perdí el honor;
que chiflao por su belleza
le quité el pan a la vieja,
me hice ruin y pechador…
Que quedé sin un amigo,
que viví de mala fe,
que me tuvo de rodillas,
sin moral, hecho un mendigo,
cuando se fue.

Nunca soñé que la vería
en un “requiscat in pace”
tan cruel como el de hoy.
¡Mire, si no es pa’ suicidarse
que por ese cachivache
sea lo que soy!…
Fiera venganza la del tiempo,
que le hace ver deshecho
lo que uno amó…
Este encuentro me ha hecho tanto mal,
que si lo pienso más
termino envenenao.
Esta noche me emborracho bien,
me mamo, ¡bien mamao!,
pa’ no pensar.

Testo tradotto in italiano

Sola, rovinata, distrutta,
l’ho vista stamattina all’alba
uscire da un cabaret;
magra, collo lungo
e una stampella nella scollatura*
sotto il pomo d’Adamo;
sbilenca, vestita da ragazzina,
tinta e civettando
la sua nudità…
Sembrava un gallo spennacchiato,
mostrando spavaldo
la pelle beccata…
Io che so quando non sopporto più
al vederla così, scappai
per non piangere.

E pensare che dieci anni fa,
ero pazzo di lei!
Che arrivai fino al tradimento
per la sua bellezza!
Che questo che oggi è un catorcio
fu il dolce disastro
dove io persi l’onore;
che pazzo della sua bellezza
rubai il pane a mia madre,
divenni ignobile e peccatore…
che rimasi senza un amico,
che vissi di mala fede,
che mi ha avuto in ginocchio,
senza morale, mendicante,
quando se ne andò.

Mai sognai di vederla
in un “riposare in pace”
tanto crudele come quello di oggi.
Guarda, se non è per suicidarsi
è per questo aggeggio**
che sono quello che sono!…
fiera vendetta quella del tempo,
che gli fa vedere disfatto
quello che uno amò…
Questo incontro mi ha fatto tanto male
che se lo penso ancora
finisco avvelenato.
Questa notte mi ubriaco bene,
mi sbronzo per bene!
per non pensare.

* con questa frase si vuole intendere che era così magra che aveva le clavicole in fuori e il vestito le stava come attaccato ad una stampella.
**cachivache può avere molti significati. E’ un termine generico che significa “un aggeggio”. L’autore qui lo usa per riferirsi a lei, ridotta in quel modo.

 

Articolo a cura di: Manuela D’Orazio

Condividi su: