Genere: Tango
Anno: 1943
Musica: Luis Rubistein
Testo: Luis Rubistein
Versioni / Orchestre:
- Orchestra Ricardo Tanturi canta Alberto Castillo (1943)
- Orchestra Miguel Calò canta Jorge Ortiz
Note storiche: Il testo di questo struggente tango, come di tanti altri più o meno conosciuti, è legato alla triste storia dell’epidemia di tubercolosi che colpì Buenos Aires (e non solo) tra il 1870 e il 1950, fin quando non fu scoperta la cura. La chiamavano anche “morte bianca”, perché contrarla era come una condanna a morte. A quei tempi, infatti, l’unico possibile (ma improbabile) rimedio era il riposo a letto, il cibo e il clima. Ma i poveri, l’unico riposo che potevano permettersi, era la morte. Attaccava principalmente i bambini ed i giovani, quindi costituiva un terrificante incubo per la popolazione. Fino al 1950 la tubercolosi (detta anche tisi) era la prima o seconda causa di morte praticamente in tutto il mondo. Evaristo Carriego, noto poeta bonarense a cui sono stati ispirati importanti tangos, scrisse diverse opere sul tema della tubercolosi, e della stessa malattia morì nel 1912.
Purtroppo, è necessario anche evidenziare che in quegli anni, a Buenos Aires, la tubercolosi fu anche utilizzata per etichettare le giovani donne che lavorano nei locali notturni (dette “milonguitas“), come se la malattia fosse una punizione per aver lasciato il focolare domestico ed essersi dedicate alla vita sconsiderata dei cabaret.
Ci sono diversi tangos scritti negli anni 20 del secolo scorso che si riferiscono esplicitamente all’epidemia, tra cui:
– “El Bacilo” (il bacillo), tango per piano di Alberico Spatola
– “Caminito del taller” del 1925 di Catulo Castillo, cantato da Carlos Gardel. Qui la parte saliente del testo (tradotto da me):
“Povera sartina! Ieri quando sei passata
avvolta in un continuo di tosse secca e tenace
come una foglia al vento mi hai lasciato l’impressione
che quella tua marcia non finisse mai.
Camminando al lavoro umile, camminando verso la morte,
sotto il sacco di vestiti che porti a cucire
chissà se un altro giorno come questo potrò vederti
povera sartina, camminando verso la bottega.”
– “Cotorrita de la suerte” del 1927, musica di Alfredo de Franco e testo di Jose de Grandis, anche questo cantato da Gardel. Qui le parti salienti del testo (tradotte da me):
“come tossisce la povera operaia nelle notti
tossisce e soffre con il crudele presentimento
della sua vita che si estingue ed il tormento
non abbandona il suo tenero cuore…
La piccola operaia giocherellona e vivace
quella che darebbe allegria alla casa
quella che vive lunghe ore di agonia
perché sa che per il suo male non c’è salvezza”
– “Mamita” del 1929, musica di Angel Danesi, testo di Francisco Bohigas. Questo è il tango più tragico e straziante sul tema: parla di una bellissima ragazza malata di tubercolosi che, sul letto di morte, si rivolge disperata alla madre chiedendosi dov’è il suo amato. La madre distrutta dal dolore cerca inutilmente di consolarla. Lui l’ha lasciata per la malattia e nel momento in cui lei muore, lui si sta sposando con un’altra. Non riporto il testo perché è abbastanza lungo e potete trovarlo online (in lingua originale).
Ci sono poi dei meravigliosi tangos, più conosciuti tra i milongueros (coloro che frequentano le milonghe) di oggi, che trattano il tema:
– “Griseta” del 1924, musica di Enrique Delfino e testo di Jose Gonzales Castillo, interpretata magistralmente nel 1941 dall’orchestra di Di Sarli e la voce di Roberto Rufino. In questo tango Delfino parla di Griseta, una “milonguita” francese, che si ammala e muore di tubercolosi, come la famosa Margarita Gauthier (personaggio del romanzo “La signora delle Camelie” – La Dame aux camélias – di Alexander Dumas), alla quale venne dedicato un altro bellissimo tango, di cui parleremo a seguire. Qui un estratto della letra di “Griseta”, da me tradotto:
“Francesita,
che hai portato, allegra,
sentimentale e provocante,
la poesia del quartiere,
chi avrebbe detto
che la tua poesia di griseta
avrebbe avuto solo una strofa:
la silenziosa agonia
di Margarita Gauthier?”
– “Margarita Gauthier” del 1935, musica di Joaquín Mauricio Mora e testi di Julio Jorge Nelson. La versione più bella di questo Tango, a mio avviso, è quella di Miguel Calò con la voce di Raul Beron del 1942. Qui un estratto dal testo, tradotto da me in italiano:
“Mai dimentico quella notte che baciandomi sulla bocca
una camelia molto fragile cadde dal tuo petto.
la prendesti tristemente… la baciasti come fossi pazza
e tra quei poveri petali una macchia apparve.
Era sangue che usciva, oh mia povera Margarita,
erano segni di agonia, erano impronte del tuo male!
E te ne andasti lentamente, vita mia, bambolina,
poiché la morte ti chiamava col suo sarcasmo così fatale.”
– “Tu palido final”, del 1947, musica di Vicente Demarco e testo di Alfredo Roldán. Questo tango struggente, cantato meravigliosamente da Alberto Castillo del 1947, parla di una donna malata che porta i segni della tubercolosi. Inizia con queste parole (tradotte da me in italiano):
“La tua capigliatura bionda cadeva tra i fiori
dipinti sul percalle
e nelle tue occhiaie c’era l’inconfondibile impronta
che parlava del tuo male”
Ora veniamo al tango oggetto di questo articolo: “Ya sale el tren”, un tema conosciutissimo e molto ballato in milonga, ma spesso non conoscendone il significato.
Qui sotto potete ascoltare la versione di Miguel Calò con la voce di Jorge Ortiz e a seguire trovate il testo originale e la traduzione in italiano.
ascolta su youtube:

Testo originale (letra) in spagnolo/lunfardo
Ya sale el tren.
El humo pinta el cielo
y en el andén
agito mi pañuelo.
Ruedas que rechinan
con la angustia del adiós
y ella, mi muñeca,
que se ahoga con su tos.
Se va en el tren
mi pobre novia enferma…
Mi corazón
se muere en el andén.
¡Qué ganas de arrastrarme hasta sus brazos y llorar!
¡Qué ganas de gritar lo que presiento!
Le baila en las pupilas la esperanza de volver
y tengo que esconder tanto tormento…
Es que tengo miedo que sus ojos
sepan por mi angustia su final.
Y así, con mi locura de rezar o maldecir,
quisiera allí a sus pies morir.
Ya nunca más
la cubriré de besos.
Ya nunca más
vendré por su regreso…
Siento que mi alma
se desangra en el andén
mientras su esperanza
pone risas en el tren.
Adiós, mi bien…
Cuando el vagón se aleje
me quedaré
llorando en el andén.
Ya sale el tren…
Adiós, mi bien.

Testo tradotto in italiano
Sta partendo il treno
il fumo dipinge il cielo
e nella banchina
agito il mio fazzoletto
Ruote che stridono
con l’angoscia dell’addio
e lei, la mia bambola,
che si affoga con la sua tosse.
Se ne va il treno
mia povera ragazza malata…
Il mio cuore
muore sulla banchina.
Che voglia di trascinarmi fino alle sue braccia e piangere!
Che voglia di gridare il mio presentimento!
Le balla nelle pupille la speranza di tornare
e devo nascondere tanto tormento…
é che ho paura che i suoi occhi
sappiano dalla mia angoscia il suo finale.
E così, con la mia pazzia di pregare o maledire,
vorrei, lì ai suoi piedi, morire
E mai più
la coprirò di baci
e mai più
verrò per il suo ritorno…
sento che la mia anima
si dissangua sulla banchina
mentre la sua speranza
ride sul treno
Addio, mio bene…
quando il vagone si allontanerà
rimarrò qui
piangendo sulla banchina.
Già parte il treno…
Addio, mio bene

Articolo a cura di: Manuela D’Orazio
Fonti:
– Historia de la tuberculosis en Argentina
– Tango impressions with medial overtones – L. C. Trioarhou
– La tuberculosis en la literatura argentina: tres ejemplos a traves de la novela, el cuento y la poesia – A.C.A. Carbonetti
– “Milonguitas” en Buenos Aires (1910-1940): tango, ascenso social y cultura – Diego Armus
– Tuberculosis, Arte y Cultura (pagina facebook)